"Per organizzare un cammino serve innanzitutto un capitano", dice don Giordano Goccini mentre presiede il laboratorio su come 'preparare e gestire un cammino'. E consiglia di rileggere l'esperienza di Mosè, molto significativa.
"Noi camminiamo per educare i ragazzi - continua don Giordano. Nel cammino sono i forti che devono imparare dai deboli che vivono una esperienza molto più profonda. Per esempio camminare con un disabile nel gruppo permette a tutti di imparare qualcosa, soprattutto ai forti che si sentono valorizzati ad aiutare l'altro. Attorno a un ragazzo disabile c'è sempre un vortice positivo".
Innanzitutto in ogni cammino serve una guida davanti che apre il cammino, mentre la 'mazza' sta dietro e chiude il cammino. Non bisogna far superare la soglia critica dei 2.30 mt di stacco tra una persona e l'altra. Il gruppo deve essere compatto.
"Io più o meno cammino così - commenta Goccini -, alzata alle 4 del mattino perché deve essere chiaro che siamo in uno spazio diverso, vedere l'alba che arriva e aggredire la giornata. Io preferisco camminare con uno zaino leggero e un altro più pesante che si lascia su un mezzo perché se siete in un gruppo grande e avete ragazzi diversi , aumentate troppo le differenze di partenza".
Poi don Giordano si mette in cerchio e aspetta che i ragazzi arrivino per la preghiera. Lui usa l'angelus che è la preghiera dei poveretti e degli anziani. E poi si parte in silenzio e si cammina per due ore in silenzio. Bisogna creare del vuoto intorno. Poi si sosta in un posto carino e si prega ancora: salmo, brano del vangelo, due minuti di omelia e preghiera libera. I primi giorni c'è silenzio assoluto. Dal quinto giorno in avanti qualcosa comincia ad arrivare finché poi il ragazzo che meno ti aspetti, parla e prega. Qui comincia a cambiare tutto. Gli ultimi giorni di cammino, ci sono addirittura troppe preghiere. "La preghiera è uno spazio importante perché semplicissimo. E la preghiera non va sovraccaricata".
"Io cerco di tenere nel pomeriggio solo da un'ora a due ore di cammino (max 10 km). Così poi si arriva alla meta: doccia, cena e serata. Spesso l'incontro con il testimone lo inserisco verso le 16, prima dell'arrivo. Serve avere in mano il termometro della tensione".
Il cammino lungo di 12-14 giorni richiede uno stacco. Dopo 7 giorni serve uno stacco di un giorno in cui dormire di più, riposarsi.
E poi don Giordano aggiunge: "un cammino di 3 giorni non è la metà di 6. Il cammino non deve essere il ricordo della fatica. Il primo giorno è entusiasmo, il secondo e terzo giorno la fatica, quarto e quinto giorno si litiga perché si diventa elettrici, cadono le barriere. Dal sesto giorno si ritrova l'equilibrio. Settimo e ottavo giorno si va in profondità. E gli ultimi giorni cambia l'odore, si sente vicina la possibilità di farcela, di raggiungere la meta. Il giorno della crisi è fondamentale, quello in cui pensi di non farcela ma poi inizi a ritrovare le forze per andare avanti. Questo carico emotivo deve trovare qualcuno per andare avanti. Se l'educatore c'è in quel momento, c'è davvero, allunga la mano perché non è preoccupato delle questioni pratiche e c'è".
Ovviamente ogni cammino parte dalle questioni pratiche: decidere la meta (per chi lo facciamo e quanti siamo: bisogna scegliere un posto per un gruppo), la durata, le tappe. Normalmente si cammina 25 km al giorno, altrimenti il cammino diventa flaccido. Bisogna capire dove dormire: palestre, ostelli etc... Trovare la storia nei luoghi dove si arriva.
Preparare un cammino pone molte domande ma l'esperienza lascia dentro emozioni indescrivibili. Una crescita che può esserci solo se ci si sente un popolo che cammina.