“I giovani sono molto attenti all’editing, alla grafica. Instagram, meme, GIF, (…) Il visuale è entrato in maniera forte ed emozionale” afferma Elisa Farinacci di CREMIT- Centro di Ricerca sull'Educazione ai Media all'Innovazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica.
Se vi chiedessimo che cosa vi viene in mente con la parola DIGITALE, cosa rispondereste?
DIGITALE… Probabilmente vi vengono subito alla mente immagini, schermi, video perché ora, più del passato, siamo bombardati visivamente.
Parliamo di alfabetizzazione visiva proprio perché, nonostante siamo costantemente bersagliati, iper-connessi e sollecitati da immagini, veniamo da una cultura verbale, fatta di storie, e non siamo ancora abituati a utilizzare e comprendere la forza comunicativa visiva.
Siamo bravi oratori, abituati a raccontare, creare storie e a utilizzare le parole ma non siamo del tutto consapevoli della potenza di costruire significati attraverso le immagini. E lo stesso accade anche ai nostri giovani che ingoiano quintali di immagini ogni giorno, ma spesso non sanno cosa mangiano.
Quando postiamo qualcosa di noi, non stiamo raccontando la verità ma stiamo rappresentando altro. L’immagine non dice tutto ma permette di narrare altro, anche quello che non c’è. Più della didascalia, più della descrizione.
L’immagine rappresenta così il reale, non è la realtà.
Pensiamo per esempio ai nostri selfie, quelle foto in cui giriamo lo smartphone verso di noi, sorridiamo in camera e creiamo un autoscatto.
I selfie non sono realtà, sono scatti che raccontano sempre altro, qualcosa di più.
Se quel selfie postato da noi è stato realizzato in Africa, dopo un periodo di 6 mesi in cui siamo stati volontari, possiamo comprendere facilmente che quello scatto è molto di più di una semplice immagine di noi e che quella fotografia raccoglie un’esperienza più ampia: è il racconto di un significato più profondo dell’immagine stessa.
Se vogliamo essere consapevoli e alfabetizzati visivamente dovremmo iniziare a guardare le immagini utilizzando dei criteri di giudizio che non sono quelli istintivi del “bella, mi piace”. Se inseriamo criteri di valutazione che vanno oltre a “è bella, mi piace” possiamo comprendere di più di quella stessa immagine.
Guardare e valutare le immagini sotto nuovi criteri di valutazione (è coerente, ha senso, è giusta, è funzionale), andando oltre all’aspetto soggettivo, ci permetterà di sviluppare una maggior consapevolezza di come si possono utilizzare le immagini per costruire significati.
Non ci resta altro che educarci ed educare i nostri ragazzi a ricercare il significato delle immagini e andare oltre. Nelle immagini e nella vita.