SERVIZIO NAZIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Fonti Francescane

Fonti Francescane riguardanti san Francesco davanti al Crocifisso Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano (FF593) Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra […]
9 Marzo 2015

Fonti Francescane riguardanti san Francesco davanti al Crocifisso

Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano (FF593)
Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso – cosa da sempre inaudita! (Gv 9,32) – l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra. «Francesco, – gli dice chiamandolo per nome (Cfr Is 40,26) – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito. Ma, a dir vero, poiché neppure lui riuscì mai ad esprimere la ineffabile trasformazione che percepì in se stesso, conviene anche a noi coprirla con un velo di silenzio.
 
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano (FF594)
Da quel momento si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore. Cosa meravigliosa, mai udita! chi non è colpito da meraviglia? E chi, o quando mai ha udito qualcosa di simile? Nessuno potrà dubitare che Francesco, prossimo a tornare alla sua patria, sia apparso realmente crocifisso, visto che con nuovo e incredibile miracolo Cristo gli ha parlato dal legno della Croce, quando – almeno all’esterno – non aveva ancora del tutto rinunciato al mondo! Da quel momento, appena gli giunsero le parole del Diletto, il suo animo venne meno (Cfr. Ct 5,6). Più tardi, l’amore del cuore si rese palese mediante le piaghe del corpo. Inoltre, da allora, non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi. Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo. Incontrò un giorno, un suo intimo amico, ed avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare.
 
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano (FF595)
Intanto si prese cura di quella immagine, e si accinse, con ogni diligenza, ad eseguirne il comando. Subito offrì denaro ad un sacerdote, perché provvedesse una lampada e l’olio, e la sacra immagine non rimanesse priva, neppure per un istante, dell’onore, doveroso, di un lume. Poi, si dedicò con impegno al resto, lavorando con intenso zelo a riparare la chiesa. Perché, quantunque il comando del Signore si riferisse alla Chiesa acquistata da Cristo col proprio sangue (At 20,28), non volle di colpo giungere alla perfezione dell’opera, ma passare a grado a grado dalla carne allo spirito.
 
Dal Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano (FF825)
uomo nuovo (cfr. Ef 4,24) Francesco si rese famoso per un nuovo e stupendo miracolo, quando apparve insignito di un singolare privilegio, mai concesso nei secoli precedenti, quando cioè fu decorato delle sacre stimmate e reso somigliante in questo corpo mortale al corpo del Crocifisso (Cfr Fil 3,10; Rm 7,24). Qualunque cosa si possa umanamente dire di lui sarà sempre inferiore alla lode di cui è degno. Non c’è da chiedersi la ragione di tanto evento, perché fu cosa miracolosa, né da ricercare altro esempio, perché unico. Tutto lo zelo dell’uomo di Dio (Cfr 1Sam 9,6), sia verso gli altri che nel segreto della sua vita interiore, era centrato attorno alla croce del Signore e, fin dal primo istante in cui cominciò a militare sotto il Crocifisso, diversi misteri della Croce risplendettero attorno a lui.
 
 
Dal Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano (FF826)
Quando infatti, all’inizio della sua conversione, aveva deciso di abbandonare ogni vanità di questa vita, Cristo dalla croce gli parlò mentre era intento a pregare; e dalla bocca della stessa immagine scendono a lui queste parole: «Va, Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, va tutta in rovina». Da allora gli fu impresso nel cuore, a tratti profondi, il ricordo della passione del Signore, e, attuata in pieno la sua conversione interiore, la sua anima cominciò a struggersi per le parole del Diletto (Cfr Ct 5,6). Proprio perché si era racchiuso nella stessa croce, indossò anche un abito di penitenza fatto a forma di croce. Quell’abito, se, in quanto lo rendeva più emulo della povertà, era molto conveniente al suo proposito, tuttavia in esso il Santo testimoniò soprattutto il mistero della croce, in quanto che, come la sua mente si era rivestita del Signore crocifisso, così tutto il suo corpo si rivestiva esteriormente della croce di Cristo, e, nel segno col quale Dio aveva debellato le potestà ribelli, in quello stesso poteva militare al servizio di Dio il suo esercito.
 
Dal Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano (FF828)
Familiare gli era la lettera Tau, fra le altre lettere, con la quale soltanto firmava i biglietti e decorava le pareti delle celle. Infatti anche l’uomo di Dio (Cfr 1Re 13,1..), Pacifico, contemplatore di celesti visioni, scorse con gli occhi della carne sulla fronte del beato padre, una grande lettera Tau, che risplendeva di aureo fulgore. Per convincimento razionale e per fede cattolica appare giusto che chi era così preso da ammirabile amore della croce, sia divenuto anche mirabile per causa della croce. Nulla pertanto è, più veramente consono a lui, quanto ciò che si predica delle stimmate della croce.
 
Dal Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano (FF829)
Or ecco come avvenne l’apparizione. Due anni prima di rendere lo spirito al Cielo nell’eremo detto la Verna, in Toscana, ove nel ritiro della devota contemplazione, ormai volgeva tutto se stesso verso la gloria celeste, vide in visione (Cfr 2Tm 2,10; Ez 8,2.) sopra di sé un Serafino che aveva sei ali con le mani e i piedi inchiodati alla croce. Due ali erano poste sul suo capo, due erano distese come per il volo, due infine coprivano interamente il corpo (Cfr Is 6,2; Ez 1,5-14; 1,22-25). A questa visione si meravigliò profondamente, ma non comprendendo che cosa essa significasse per lui, fu pervaso nel cuore da gioia mista a dolore. Si rallegrava per le manifestazioni di grazia con le quali il Serafino lo guardava, ma nel medesimo tempo lo affliggeva l’affissione alla croce. Cercò subito di comprendere che cosa potesse significare tale visione e il suo spirito si tendeva ansioso alla ricerca di una spiegazione. Ma, mentre, cercando fuori di sé, l’intelletto gli venne meno, subito nella sua stessa persona gli si manifestò il senso. D’un tratto cominciarono infatti ad apparire nelle sue mani e nei piedi le ferite dei chiodi, nella stessa maniera nella quale poco prima le aveva viste sopra di sé nell’uomo crocifisso. Le sue mani e i suoi piedi apparivano trafitti nel centro dai chiodi, con le teste dei chiodi sporgenti nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le loro punte uscivano dall’altra parte. Le teste dei chiodi nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere, le loro punte erano lunghe e ribattute in modo che sorgendo dalla stessa carne sporgevano dalla carne. Anche il fianco destro, come trafitto da una lancia, era segnato da una rossa cicatrice, che emettendo spesso sangue, inzuppava di quel sacro sangue la tunica e la veste. Infatti l’uomo di Dio (Cfr 1Sam 9,6) Rufino, che era di purezza angelica, mentre una volta con filiale affetto curava il corpo del santo padre, sfuggendogli la mano toccò sensibilmente quella ferita. Per questo il servo di Dio soffrì non poco e, allontanando da sé la mano, pregò gemendo che il Signore gli perdonasse.
 
Dal Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano (FF830)
Due anni dopo egli passò serenamente dalla valle del pianto alla patria beata. Quando la mirabile notizia giunse alle orecchie degli uomini, ci fu gran concorso di popolo, che lodava e glorificava il nome di Dio (At 21,30; Sal 85,9). Accorsero tutti cittadini di Assisi e della regione, desiderosi di vedere il nuovo miracolo, che Dio aveva operato in questo mondo. La straordinarietà del miracolo mutava il pianto in giubilo e rapiva gli occhi del corpo in stupore ed estasi. Contemplavano dunque il beato corpo divenuto prezioso per le stimmate di Cristo, nelle mani e nei piedi vedevano non già i fori dei chiodi, ma gli stessi chiodi formati per divina virtù dalla sua stessa carne, anzi innati nella sua stessa carne, tanto che premuti da qualsiasi parte, subito reagivano come nervi tutti d’un pezzo dalla parte opposta. Contemplavano anche il fianco rosso di sangue.
 
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura (FF1038)
Il servo dell’Altissimo, in questa sua nuova esperienza, non aveva altra guida, se non Cristo, perciò Cristo, nella sua clemenza, volle nuovamente visitarlo con la dolcezza della sua grazia. Un giorno era uscito nella campagna per meditare (Gen 24,63). Trovandosi a passare vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina, vecchia com’era, spinto dall’impulso dello Spirito Santo, vi entrò per pregare. Pregando inginocchiato davanti all’immagine del Crocifisso, si sentì invadere da una grande consolazione spirituale e, mentre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del Signore, udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui dalla croce e dirgli per tre volte: «Francesco, va e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina!». All’udire quella voce, Francesco rimane stupito e tutto tremante, perché nella chiesa è solo e, percependo nel cuore la forza del linguaggio divino, si sente rapito fuori dei sensi. Tornato finalmente in sé, si accinge ad obbedire, si concentra tutto nella missione di riparare la chiesa di mura, benché la parola divina si riferisse principalmente a quella Chiesa, che Cristo acquistò col suo sangue (At 20,28), come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati.
 
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura (FF1235)
Ora si è compiuta veramente in te la prima visione che tu vedesti (Cfr Dn 9,24; 4,6), secondo la quale tu, futuro capitano dell’esercito di Cristo, dovevi essere decorato con l’insegna delle armi celesti e con il segno della croce. Ora il fatto che tu, al principio della tua conversione, abbia avuto quella visione, in cui il tuo spirito fu trafitto dalla spada dolorosa della compassione e quell’altro, in cui hai udito quella voce scendere dalla croce, come trono sublime e segreto propiziatorio di Cristo, come tu stesso hai confermato con la tua sacra parola, risultano indubitabilmente veri. Ora resta confermato che furono vere rivelazioni celesti, e non frutto di fantasia, quelle che seguirono alla tua conversione: quella della croce, che frate Silvestro vide uscire in maniera mirabile dalla tua bocca, quella delle spade, che il santo frate Pacifico vide trapassare il tuo corpo in forma di croce; quella in cui l’angelico frate Monaldo con chiarezza ti vide librato nell’aria in forma di croce, mentre Antonio, il Santo, predicava sulla scritta posta in cima alla croce. Ora, finalmente, verso il termine della tua vita, ti viene mostrato il Cristo contemporaneamente sotto la figura eccelsa del Serafino e nell’umile effige del Crocifisso, che infiamma d’amore il tuo spirito e imprime nel tuo corpo i sigilli, per cui tu vieni trasformato nell’altro Angelo, che sale dall’oriente e porti in te il segno del Dio vivente (Cfr Ap 7,2). Tutto questo da una parte conferisce la garanzia della credibilità alle visioni precedenti, mentre dall’altra riceve da essa la prova della veridicità.
 
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura (FF 1236)         
Ecco: attraverso le sei apparizioni della Croce che in modo mirabile e secondo un ordine progressivo furono mostrate apertamente in te e intorno a te, ora tu sei giunto, come per sei gradi successivi, a questa settima, nella quale poserai definitivamente. La croce di Cristo, che ti fu proposta e che tu subito hai abbracciato agli inizi della tua conversione e che, da allora, durante la tua vita hai sempre portato in te stesso mediante una condotta degna d’ogni lode e hai sempre mostrato agli altri come esempio, sta a dimostrare con perfetta certezza che tu hai raggiunto definitivamente l’apice della perfezione evangelica. Perciò nessuno, che sia veramente devoto, può respingere questa dimostrazione della sapienza cristiana, seminata nella terra della tua carne; nessuno, che sia veramente umile, può tenerla in poca considerazione, poiché essa è veramente opera di Dio ed è degna di essere accettata da tutti (1Tm 1,15).
 
 
Dalla Leggenda minore di San Bonaventura (FF 1334)
Una volta uscì nella campagna, a meditare. Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina per la eccessiva vecchiezza, si senti spinto dallo Spirito ed entrò a pregare. Prostratosi davanti all’immagine del Crocifisso, durante la preghiera fu ricolmato da non poca dolcezza e consolazione. E mentre, con gli occhi pieni di lacrime, fissava lo sguardo nella croce del Signore, udì con le orecchie del corpo in modo mirabile una voce che proveniva dalla croce e che per tre volte gli disse: «Francesco, va, ripara la mia casa, che, come vedi, va tutta in rovina». Alla stupefacente esortazione di quella voce mirabile, l’uomo di Dio dapprima rimase atterrito; poi, colmo di gioia e di ammirazione, prontamente si alzò, e si impegnò totalmente a compiere l’incarico di riparare l’edificio esterno della chiesa: ma l’intenzione principale della Voce era diretta alla Chiesa, che Cristo acquistò con lo scambio prezioso del suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe insegnato ed egli stesso in seguito avrebbe rivelato ai suoi intimi.
 
Dalla Leggenda minore di San Bonaventura (FF 1383)
Davvero era giusto che quest’uomo beato apparisse insignito di questo privilegio singolare, giacché tutta la sua opera, pubblica e privata, aveva di mira la croce del Signore. Anche quella meravigliosa dolcezza, mansuetudine ed austerità di vita; quell’umiltà profonda, quell’obbedienza pronta, quella povertà esimia, quella castità illibata, quella amara contrizione di cuore, quel profluvio di lacrime, quella pietà appassionata, quello zelo ardente, quel desiderio di martirio, quell’eccesso di carità; insomma, quel patrimonio così vario di virtù cristiformi, che altro mostra in lui, se non un progressivo assimilarsi a Cristo e, per così dire, un predisporsi alle sue sacre stimmate? Per questa ragione, come tutta la sua vita, dalla conversione in poi, era stata abbellita dai misteri luminosi della Croce, cosi, alla fine, alla vista del Serafino sublime e dell’umile Crocifisso, egli fu tutto trasformato nell’immagine di colui che gli era apparso, mediante la forza di un fuoco deiformante. Così hanno testimoniato coloro che hanno veduto e hanno toccato con mano (Cfr 1Gv 1,1) e hanno baciato: essi, giurando sul Vangelo, che così era stato e così avevano visto, ci hanno confermato in una più ricca certezza.
 
Dalla leggenda dei tre compagni (FF1411)
Trascorsero pochi giorni. Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, fu ispirato a entrarvi. Andatoci prese a fare orazione fervidamente davanti all’immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà: «Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restauramela». Tremante e stupefatto, il giovane rispose: «Lo farò volentieri, Signore». Egli aveva però frainteso: pensava si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina. Per quelle parole del Cristo egli si fece immensamente lieto e raggiante; sentì nell’anima ch’era stato veramente il Crocifisso a rivolgergli il messaggio. Uscito dalla chiesa, trovò il sacerdote seduto lì accanto, e mettendo mano alla borsa, gli offrì del denaro dicendo: «Messere, ti prego di comprare l’olio per fare ardere una lampada dinanzi a quel Crocifisso. Finiti questi soldi, te ne porterò degli altri, secondo il bisogno».
 
Dalla leggenda dei tre compagni (FF1412)
In seguito a questa visione, il suo cuore si struggeva, come ferito, al ricordo della passione del Signore. Finché visse ebbe sempre nel cuore le stimmate di Gesù il che si manifestò mirabilmente più tardi, quando le piaghe del Crocifisso si riprodussero in modo visibile nel suo corpo. Rese più aspra la sua austerità; sano o malato che fosse, era durissimo con il suo corpo e quasi mai lo trattò con riguardo. Tanto che, arrivato il giorno della morte, confessò di avere molto peccato contro il suo fratello corpo.
 
 
Dalla leggenda dei tre compagni (FF1413)
Una volta andava solingo nei pressi della chiesa di Santa Maria della Porziuncola, piangendo e lamentandosi a voce alta. Un uomo pio, udendolo, suppose ch’egli soffrisse di qualche malattia o dispiacere e, mosso da compassione, gli chiese perché piangeva così. Disse Francesco: «Piango la passione del mio Signore. Per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo». Allora anche l’uomo devoto si unì al lamento di Francesco. Spesso, alzandosi dall’orazione, aveva gli occhi che parevano pieni di sangue, tanto erano arrossati a forza di piangere. E non si limitava alle lacrime, ma, in memoria delle sofferenze di Cristo, si asteneva dal mangiare e dal bere.