“Sulla speranza pesa la grande pietra della paura: la paura del futuro, che potrebbe essere abitato dal male, dalla morte, dall’insuccesso dall’imprevisto… Si rifiuta la nostra finitezza, la nostra debolezza, la nostra fragilità; l’imprevisto è sempre negativo e, se capita qualcosa di male, ci viene da dire che Dio è cattivo. Tutto deve essere programmabile, prevedibile, e da ogni cosa devo poter tornare indietro…”.
Partendo dalle paure dei giovani, Mons. Enrico Solmi, Vescovo di Parma, annuncia loro quella “speranza che “ci fa stare qui con i piedi per terra e nell’oggi, ci fa sollevare – “ risollevatevi, alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Is 13,11) – e che vive di profeti, di giovani che non spostano la speranza in un «altrove», ma la fanno accadere nel presente; la rendono il presente del futuro…”.
Questa speranza – virtù umile e drammatica – “ce le insegna Dio, che si fida dell’uomo fino ad entrare nella storia pienamente attraverso il sì di Maria”.
Mons. Solmi la declina come “la virtù dei «poveri», dei deboli, di chi sa di essere «acqua, ma non sorgente»”; virtù la cui “strategia vincente” è “fare spazio a Dio dentro di sé, fare agire in sé la forza di Dio, fare affidamento a Lui”.