"Per educare un figlio ci vuole un villaggio". L'espressione resa celebre da Papa Francesco può essere letta in due direzioni: non esiste educazione senza comunità e al di fuori della comunità; non esiste comunità che possa chiamarsi fuori dal compito educativo". Così ha esordito il neo vescovo, ausiliare di Perugia, S.E. Mons. Paolo Giulietti, parlando di educazione come una "faccenda" che interroga l'intera comunità cristiana. Il "villaggio" è dunque l'insieme dei soggetti presenti sul territorio che interagiscono con il mondo giovanile e da cui derivano difficoltà di collaborazione e integrazione che possono essere affrontate a partire da alcuni punti comuni:
- i figli sono una cosa preziosa per tutti: al di là di ogni differenza, condividiamo un medesimo interesse per la loro educazione, le medesime preoccupazioni per l'esito dei percorsi di crescita, lo stesso senso di frustrazione quando un ragazzo si perde e la stessa gioia quando lo si vede fiorire alla vita;
- nessuna agenzia è capace da sola di conseguire i propri obiettivi, se davvero scommette sull'educazione e non si accontenta di obiettivi intermedi, spesso funzionali più alla società che al giovane: le alleanze sono oggi una necessità;
- non basta, anche se è già qualcosa, far quadrato contro alcuni "nemici comuni" (dipendenze, media, cultura dello scarto, economia che uccide
), occorre sperimentare con coraggio percorsi di progettualità condivisa e di feconda interazione reciproca.
È necessario allora fare un serio esame di coscienza sul proprio essere o meno "un posto per giovani", sapendo che una parrocchia o una collettività educativamente "sterili", incapaci cioè di generare alla pienezza della vita le nuove generazioni, sono falliti nel profondo, poiché vengono meno a quella generatività in cui risiede l'essenza dell'adultità.
"Dinanzi a tali sfide, un compito centrale e costitutivo dell'educatore ha detto Giulietti - appare sempre più quello di un costruttore di ponti: avvicinare i giovani al mondo adulto, conducendoli a divenirne partecipi; aiutare la comunità adulta a farsi accogliente e attiva verso i giovani. Per dirla con Malachia (sono le ultime parole dell'AT!): convertire "i cuori dei padri verso i figli e i cuori dei figli verso i padri" (3, 24). Al di fuori di questo, dice il profeta, ci attende lo "sterminio", cioè il collasso dell'identità verso derive nichiliste e autodistruttive".