Chi meglio dei giovani può abbattere il muro delle divisioni? Chi meglio delle nuove generazioni può curare le ferite di un mondo segnato dai conflitti, dalla cura degli interessi di parte, dalla manipolazione di quella che dovrebbe essere l’esperienza più universale di tutte, la fede religiosa? Questa forza dirompente e profetica che nasce quando i giovani s’incontrano, al di là di ogni differenza di appartenenza religiosa, si è manifestata in tutta la sua evidenza al Convegno nazionale di pastorale giovanile a Sacrofano: il terzo giorni, infatti, si è chiuso con un momento interreligioso di spiritualità che ha visto la partecipazione degli incaricati della cura delle nuove generazioni delle diverse denominazioni religiose presenti in Italia. E così si sono trovati assieme giovani ebrei, musulmani, induisti e buddhisti, oltre a quelli delle diverse confessioni cristiane, ma anche i rappresentanti delle associazioni e delle aggregazioni che s’impegnano a favore dei giovani.
«Un’evento storico», l’ha definito il direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’ecumenismo e il dialogo religioso, don Giuliano Savina, che ha collaborato con il Servizio nazionale per la pastorale giovanile per la realizzazione dell’appuntamento. Dopo un momento condiviso, con la lettura di messaggi dedicati alla riflessione su come “umanizzare l’umano”, ogni comunità ha tenuto distinti momenti di preghiera aperti a tutti gli incaricati e collaboratori delle Pastorali giovanili italiane presenti al Convegno. E se le preghiere hanno lanciato un forte messaggio di comunione e condivisione, ancora più intenso e luminoso è stato il momento della cena, condivisa dai convegnisti assieme ai gruppi delle altre fedi che hanno partecipato al momento di spiritualità. Una vera e propria festa collettiva, dove le differenze non sono sparite ma hanno condiviso uno spazio, un gesto, dimostrando che stare insieme è possibile.
«Possiamo e dobbiamo creare una rete tra noi giovani, anche di religioni diverse per dare un segnale a questo mondo», dice Manuel, giovane ebreo di 24 anni, venditore di prodotti per dentisti, che sorride e offre a chi passa dal loro tavolo una piccola coppa di frutta e un tiramisu.
«No la fede non può e non deve essere motivo di divisione – aggiunge Adam, liceale musulmano di 17 anni –. E se lo diventa è solo perché c’è qualcuno che le manipola a vantaggio di propri interessi particolari. Il punto di partenza per gettare ponti e costruire legami per un mondo più giusto e in pace, sono di sicuro i valori comuni, che uniscono tutte le religioni. Il mio credo – chiosa il giovane – mi dona, ad esempio, un valore fondamentale che è il rispetto, per me stesso, per gli altri, per Dio. Penso che tutti possano partire da qui».
Un sogno, quello di un mondo unito costruito dai giovani di tutte le religioni, che anche il vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, presidente della Commissione episcopale Cei per l’ecumenismo e il dialogo: «Il futuro non va solo atteso – ha detto il presule – ma va anche sognato. E allora, momenti come quello che abbiamo vissuto qui stasera ci dicono che possiamo sognare veramente un mondo dove possiamo vivere realmente assieme. Questo è il senso ultimo anche della cura delle nuove generazioni».
@Matteo Liut, Avvenire