Cracovia, all'inizio di ottobre, è bellissima. Il verde non è più brillante come d'estate: comincia a diventare scuro scuro; gli alberi stanno già perdendo le foglie e al mattino la nebbia manda profumo di inverno. Per le strade le ragazze girano già imbacuccate come se fosse novembre inoltrato e sorridono allegre quando parlano con dei ragazzotti che, per darsi un tono, la sciarpa l'hanno ancora nel cassetto. Sulle spalle, gli uni e le altre portano uno zainetto dove è facile immaginare il quaderno degli appunti, qualche penna e giusto un paio di libri per andare in università. Come si fa a pensare alla Gmg con questo clima? Eppure è per questo che siamo venuti qui.
Al Comitato organizzativo locale (il famoso Col), il cantiere è in via di strutturazione: giusto un paio di mesi fa c'erano solo alcuni tavoli, adesso a quelle scrivanie cominciano a sedere alcuni giovani che guardano (per la verità con un'aria un po' perplessa) lo schermo del computer: più che lavorare alacremente - negli ultimi giorni li si vedrà pestare affannosamente sui tasti - maneggiano morbidamente il mouse sulla scrivania. Fa più clima di biblioteca benedettina che di openspace in gran fermento. C'è anche un giovane brasiliano (fra non molto ci sarà anche un giovane italiano), eredità della precedente Gmg: ci guarda con i suoi grandi occhi sudamericani e sorride; in testa una berretta col fiocco e la sciarpa al collo: sembra quasi un elfo di Babbo Natale.
Don Gregorio (il segretario generale della Gmg) l'hanno chiamato da Varsavia: ci racconta tutto quello che sta facendo e con gli occhi, quasi, cerca un consenso. Come a dire: va bene così? Ma si capisce che sa dove sta andando e fra un po', quando la macchina sarà ben avviata, non avrà molto tempo per fermarsi a chiacchierare. Sono bravi, i polacchi: poche parole e rapidi. Quando al mattino ti dicono una cosa, il pomeriggio li incontri e l'hanno già risolta.
Ovunque l'immagine di Giovanni Paolo II: per le strade, grandi immagini; nelle chiese, un quadro e le candele; sui manifesti, il suo stemma; alle finestre dei luoghi di proprietà della diocesi, il suo ritratto. Nelle chiese è un viavai, c'è sempre qualcuno: turisti pochi (ormai), tante le persone che pregano. La Madonna è dappertutto, ma c'è sempre anche una cappella dove l'adorazione all'Eucarestia è continua. Le donne che entrano sono molte; hanno tutte la borsa della spesa. Nella piazza del mercato c'è la bancarella del fioraio: sulle panchine i mazzetti di fiori sono messi in ordine come se fossimo in gioielleria.
Il Cardinale, che tutti chiamano ancora 'don Stanislao', ci accoglie nell'episcopio che fu di Giovanni Paolo II. Parla dell'Italia e degli italiani come si parla dei familiari che sono in un 'paese lontano': i voli aerei avvicinano le distanze, ma i legami del cuore le annullano del tutto. Mentre parla della Gmg, lo si vede ancora in bilico: da una parte cerca di immaginare un evento che sarà epocale per la sua Cracovia, dall'altra racconta dei preparativi come se fosse ancora a Roma a organizzare un evento con il Papa. Ci accompagna nella cappella privata dell'episcopio: Giovanni Paolo II, ci dice, qui nel 1946 si è steso a terra durante le litanie dei santi per invocare il loro aiuto durante l'ordinazione sacerdotale. Celebriamo anche noi la Messa e finiamo per ricordare i giovani italiani che fra due anni saranno qui, ma oggi - a casa - si danno da fare perché il futuro sia buono anche per loro. E chissà che questa terra, tanto bella quanto piena di vicende difficili e faticose, possa insegnare loro che la speranza non può mai morire dentro al cuore di chi crede.
(don Michele Falabretti)