Noi adulti, credibili se ci mettiamo in gioco.
È ancora tempo di comunicare con i giovani: lo possono testimoniare i numerosi educatori che si mettono con generosità in gioco nelle diverse attività promosse da parrocchie, associazioni e movimenti.
Non è tanto una questione di strategie comunicative, ma come ricorda papa Francesco «solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla Rete, può raggiungere le periferie esistenziali » (Papa Francesco, Messaggio per la 49ª Giornata mondiale per le comunicazioni sociali, 2014). I giovani oggi possono essere dunque quelle «periferie esistenziali» indicate da Francesco perché nella loro quotidianità vivono un paradosso: a grandi competenze tecnologiche che spesso li fanno apparire, anche a loro stessi, invincibili, contrappongono grandi fragilità. In questa prospettiva i social possono costituire uno snodo per incrociare attese, domande e dubbi dei giovani nella linea di un’opportunità «complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro.
Se la Rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione» (Papa Francesco, Messaggio per la 53ª giornata mondiale per le comunicazioni sociali, 2019). Condurre allo stupore di un confronto faccia a faccia che, nella gratuità, superi la logica dominante della comunicazione: troppo spesso i giovani sono avvolti da messaggi che propongono solo il consumo di cose (sempre nuovi oggetti da acquistare) e di se stessi (costantemente in vetrina sui social). Noi adulti dobbiamo proporre anche spazi di riflessione sulla realtà che li circonda. Per dare continuità a un percorso di accompagnamento siamo chiamati come educatori a ridimensionare le categorie culturali ed esistenziali, con i linguaggi e le modalità conseguenti, che hanno caratterizzato le generazioni di giovani negli ultimi decenni.
«Non si tratta più soltanto di 'usare' strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri ». (Sinodo dei vescovi, «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», documento finale, n. 21, 2018). Occorre dunque che scegliamo un ascolto senza pregiudizi che necessita di luoghi accoglienti, tempi distesi e parole fiduciose: scopriremo così un desiderio di dialogo che il Vangelo accende quando è vissuto come quella vita buona espressa da Gesù. Un’apertura alle domande più vere che colma il vuoto che inquieta tanti ragazzi per aprire a scelte che si orientino al coraggio di una vita donata.
Alberto Gastaldi @Avvenire 03/07/2019
© RIPRODUZIONE RISERVATA Educatori affidabili quando testimoniano con la loro vita Attraverso la Rete si raggiungono le «periferie esistenziali» abitate da tanti giovani con le loro fragilità