«I giovani non hanno voglia di fare nulla». Quante volte udiamo questa frase! È certo più facile formulare tale giudizio che chiedere ai giovani se davvero non abbiano voglia di fare nulla o se non stiano chiedendo di essere accolti nel loro volersi esprimere diversamente da come ci si aspetta. Perché non interrogarci su quale sia il motivo di questa apatia che forse rivela una muta protesta? E ancora: cosa possiamo fare perché questo apparente immobilismo possa cambiare? Non raramente in noi adulti c’è la pretesa di dare risposte senza ascoltare le domande. Certo si tratta di risposte vere ma che, pur con tutte le buone intenzioni, restano fuori dal cuore dei giovani e dalla loro realtà. Spesso pretendiamo che loro pensino ed eseguano quello che noi adulti abbiamo valutato bene per loro e non crediamo che essi abbiano la capacità di progettare, appassionarsi, essere protagonisti della loro vita, attenti a quella dei più fragili, non raramente giovani come loro. Papa Francesco, cogliendo il potenziale dei giovani,
chiede loro di «essere costruttori del mondo, al lavoro per un mondo migliore» ( Christus vivit, 174).Quando cresce nei giovani l’incontro con il Cristo Risorto, cresce la capacità di sperare in un futuro migliore; quando anche in noi adulti cresce il coraggio di credere in loro, non è raro che essi inizino a essere 'protagonisti' con una carica di umanità e di diaconia non comune. Più di tutto, i giovani desiderano un mondo migliore, prezioso per il loro futuro. A differenza di chi sa di aver già speso la maggior parte dei suoi giorni, i giovani cercano e amano la vita. Si potrebbe forse considerare che quando si mettono al servizio – si fanno diaconia – ciò sia in qualche modo a beneficio di se stessi, come dire: se aiuto gli altri sono felice, non sarò solo, qualcuno mi vorrà bene e mi aiuterà. Certo nel loro impegno si potrebbe nascondere un’implicita richiesta di ricevere amore, ma questa, in ogni caso, rimanda al Dio Amore, alla riscoperta di quell’oltre che geme nel cuore e che permane anche quando i giovani sembrano indifferenti a Dio.
Nel loro rendersi disponibili al bene, i giovani ci dicono che hanno un enorme
bisogno di amare, ma anche di una mano tesa, di uno sguardo amico e soprattutto di qualcuno che con il suo esserci renda significativa la loro esistenza. Il 'fare' dei giovani va accolto e sapientemente incanalato nella pienezza del bene, così da sbocciare in un servizio generoso, solidale, proteso a una vera diaconia nella quale può vivere un amore non solo umano, ma che anche rimanda all’origine dell’amore: quella paternità di cui tutti abbiamo sete. Non priviamo i giovani della gioia di essere amati e di amare, poiché è solo così che essi potranno incontrare il bene che, in svariati modi, attraversa la loro vita. Immersi nell’amore accolto e donato essi sperimenteranno di essere preziosi; ciò donerà loro forza, facendo crescere l’autostima, spesso fragile. Solo nell’amore i giovani potranno fare esperienza di vera gioia!
Gina Masi © Avvenire 17 luglio 2019