I lavori del pomeriggio sono ripresi con la presentazione della ricerca Ipsos sugli Oratori Italiani attraverso l'intervento di Nando Pagnoncelli e Marco Moschini.
I lavori del pomeriggio sono ripresi con la presentazione della ricerca Ipsos sugli Oratori Italiani.
Falabretti ha spiegato da dove parte questa ricerca.
“Tre anni fa la Lombardia ha provato a censire i suoi oratori. Quella ricerca è stata abbastanza singolare ed è riuscita a fotografare una realtà specifica. Con don Riccardo Pascolini, presidente FOI, abbiamo pensato di riproporre una ricerca a livello nazionale, soprattutto perché quando ci chiedono quanti oratori ci sono in Italia, non sappiamo rispondere. Allora abbiamo pensato un questionario semplice per provare a fotografare con le diocesi l'oratorio”.
Don Michele ha poi sottolineato che la presentazione dei dati avviene durante il convegno perché “il tema dell'oratorio è strettamente legato all'educazione e si pone a cavallo tra iniziazione cristiana e percorso tipo GMG”.
“Possiamo definire oratorio – ha continuato don Michele - tutte le realtà che coinvolgono ragazzi in attività educative che comprendono catechesi, spiritualità, sport, musica etc. qualsiasi azione che cerchi di coinvolgere i ragazzi in qualche attività. L’oratorio quindi ci interessa come metodo educativo per consegnare la fede ma soprattutto per far crescere una vita di fede. In tal senso l’oratorio è strumento privilegiato”.
Don Michele ha poi ceduto la parola a Nando Pagnoncelli, amministratore Ipsos Italia che ha curato la ricerca.
“L’oratorio – ha precisato subito Pagnoncelli - svolge un ruolo considerato unico in alcuni contesti, ricopre importanza elevata agli occhi dei genitori, ma è importante dire che questi dati non sono pagelle ma una fotografia della realtà italiana”.
“Il primo dato faticoso nella ricerca è stato dare una definizione. E allora di comune accordo ne abbiamo pensato una che poi si declina in modo diverso in ogni regione: ogni “barlume” di azione educativa spazi di sostegno allo studio extrascolastico, attività di tipo sportivo legate alla parrocchia, momenti di laboratori espressivi (teatro,musica…), iniziative estive che vanno incontro al bisogno di sostenere i ragazzi durante le lunghe settimane di vacanza scolastica (cre/grest,campi-scuola,uscitevarie…).
“Ci abbiamo messo sei mesi per fare una ricerca di questo tipo – ha affermato Pagnoncelli - e non mi era mai capitato. Questo perché è stato difficile trovare persone che all’interno delle diocesi sapessero parlare di oratorio. Per cui il tasso di partecipazione è stato contenuto: su 221 diocesi (e incaricati diocesani contattati), la compilazione è avvenuta per la metà delle diocesi. Mentre ci saremmo aspettati un tasso di partecipazione più alto”.
“Un primo elemento importante: nel 52% dei casi esiste un coordinamento degli oratori. Nel 48% non esiste ma lo si chiede. Il 73% ha proposte di formazione indirizzate agli oratori.
Qualche definizione: “le diocesi attive sono quelle che hanno un coordinamento, delle proposte di formazione e incontro con responsabili almeno una volta l’anno”.
Come si distribuiscono? “Il gruppo più numeroso è costituito da diocesi attive: quelle poco attive sono il 14%, non poche”.
L’apertura quotidiana dell’oratorio riguarda quasi tutti gli oratori ma gli educatori retribuiti sono pochi: al sud solo il 3% contro il 66% al Nord.
Tornando alla domanda principale, quanti sono gli oratori in Italia? Pagnoncelli ha dato due dati, il primo è il numero sicuro di oratori dichiarati in Italia, 5.637 mentre è di 8.245 la stima del numero massimo di oratori presenti in tutta Italia. “Abbiamo ipotizzato – ha spiegato Pagnoncelli - che le diocesi che non hanno risposto all’indagine, abbiano lo stesso numero di oratori delle diocesi con dimensione analoga per numero di parrocchie e che hanno risposto.
Don Michele ha poi preso nuovamente la parola per sottolineare che fare oratorio non è legato a problemi di soldi. Prima vengono le idee. Anche la retribuzione degli educatori non è solo una questione economica.
E Pagnoncelli ha espresso quale può essere secondo lui una difficoltà reale, ovvero "l'indisponibilità dei genitori ad aderire al progetto perché significa mettere in discussione il loro modello. Una delle parole più abusate è il patto educativo. Il genitore non vuole condividere con nessuno l’educazione dei figli. E non tutti i genitori sono disponibili ad accettare un percorso educativo basato su esperienza e relazione perchè molti credono che formazione sia più sinonimo di lezione frontale.
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