L'ultima tappa di Papa Francesco nella sua visita a Milano è stata quella allo stadio Meazza dove l'attendevano i cresimandi 2017 e i cresimati 2016 insieme a genitori, padrini, madrine e catechisti, oltre che 400 volontari e mille adolescenti degli oratori milanesi.
Il Pontefice è salito sul palco e dopo il Vangelo del giorno sull’Annunciazione (Luca 1, 26-38), accompagnato dalle coreografie dei ragazzi della Fom, ha ricevuto e risposto alle domande di un ragazzo, una coppia di genitori e una catechista.
Apre le domande il piccolo Davide da Cornaredo che in vista del sacramento della Confermazione chiede: «Quando avevi nostra età, che cosa ti ha aiutato a far crescere l’amicizia con Gesù?» Francesco risponde con tre cose, «unite da un filo che è la preghiera»: il parlare con i nonni, che «hanno saggezza della vita e con quella ci insegnano come andare più vicino a Gesù», giocare con gli amici («fa bene, perché quando il gioco è pulito s’impara a rispettare gli altri e a fare squadra insieme, questo ci unisce a Gesù: se si litiga è normale ma poi si chiede scusa e la storia finisce lì») e «andare in parrocchia e in oratorio, con cui ho imparato a relazionarmi con gli altri».
Sono poi Monica e Alberto, genitori di tre ragazzi fra cui l’ultima che a ottobre riceverà la Cresima, a domandare come trasmettere ai figli la bellezza della fede: «A volte ci sembra così complicato parlare di queste cose senza diventare noiosi e banali, o peggio autoritari, quali parole dobbiamo usare?». Francesco ne approfitta per allargare il discorso: «Credo sia una domanda chiave, che tocca la vita dei genitori ma anche dei pastori e di ogni educatore. Vi invito a ricordare quali persone hanno lasciato un’impronta nella vostra fede e che cosa di loro vi è rimasto più impresso, le situazioni che vi hanno aiutato: v’invito a ridiventare figli e ricordare le persone che vi hanno aiutato a credere. A me hanno aiutato genitori, nonni, catechista, zia, parroco, un vicino... tutti portiamo nella memoria ma specialmente nel cuore qualcuno che ci ha aiutato a credere». Il Papa poi aggiunge: «Adesso vi faccio una sfida, facciamo un attimino di silenzio e ognuno pensi chi mi ha aiutato a credere» e, incredibile ma vero, lo stadio ammutolisce in un silenzio quasi irreale. Senza nominarlo, Francesco cita poi don Enrico Pozzoli, che l’ha aiutato da giovane: «A me ha aiutato a credere e crescere tanto nella fede un bravo sacerdote lodigiano, che mi ha battezzato e poi durante tutta la mia vita andavo da lui: mi ha accompagnato fino all’entrata in noviziato, lo devo a voi lombardi! Io non mi dimentico mai quel sacerdote, un apostolo del confessionale, misericordioso e buono, lavoratore». Poi ha aggiunto: «I nostri figli, anche se non ci rendiamo conto, ci osservano tutto il tempo e intanto apprendono! “I bambini ci guardano”, come il titolo di quel film di Vittorio De Sica del 1943, cercatelo... tra parentesi, quei film del Dopoguerra e oltre sono stati una vera catechesi di umanità». Il Papa ha proseguito d’intensità: «Voi non immaginate l’angoscia dei bambini quando i genitori litigano, soffrono e non crescono nella fede! Quando i genitori si separano, il conto lo pagano loro, quando si porta un figlio al mondo si deve avere coscienza della responsabilità di farli crescere nella fede. Loro capiscono le nostre preoccupazioni, sono molto intuitivi e ricavano le loro conclusioni e i loro insegnamenti, sanno quando facciamo loro delle trappole e quando no, perciò fra le prime cose vi direi: abbiate cura del loro cuore, della loro gioia e della loro speranza! Gli occhietti dei vostri figli via via memorizzano e leggono con il cuore, la fede è una delle migliori eredità che avete ricevuto dai vostri genitori e se la vivete bene c’è la trasmissione ai vostri figli. Mostrate come la fede ci aiuta ad andare avanti, non con un atteggiamento pessimista ma fiducioso: questa è la migliore testimonianza che possiamo dare, c’è un modo di dire che recita: “Le parole se le porta il vento, ma quello che si semina nella mente, nel cuore, rimane per sempre”». Infine una notazione sulla tradizione comune in molti Paesi per cui le famiglie vanno «insieme a Messa e poi al parco con i figli a giocare insieme, così la fede diventa un’esigenza di famiglia insieme ad altre famiglie, ci aiuta a vivere il comandamento di santificare le feste ma anche di giocare e stare un po’ insieme» e l’accento a un’«educazione familiare nella solidarietà, un trasmettere la fede educandoci alle opera di misericordia, che fanno crescere la fede: non c’è festa senza solidarietà, come non c’è solidarietà senza festa, perché quando uno è solidale è gioioso e trasmette gioia», citando il racconto di una mamma di Buenos Aires che ha invitato i figli a pranzo a donare a un povero che bussava metà del loro cibo anziché quello per la sera: «Quella mamma ha insegnato la solidarietà: ma quella che costa, non quella che avanza!». (Chiesadimilano.it)