Ad aprire i lavori del convegno, dopo il benvenuto di Don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, è stato mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita.
Mons. Solmi ha consegnato ai presenti una serie di interrogativi che certamente contribuiranno ad alimentare il dibattito oggi e nei giorni a venire.
Quale considerazione trovano i giovani nella società in cui viviamo? Più in particolare, quale accoglienza trovano nelle nostre comunità, i molti giovani stranieri che (in numero sempre crescente) stanno arrivando nella nostra Italia?
La riflessione del vescovo di Parma ha poi spaziato sulle dimensioni della famiglia, del mondo del lavoro e della scuola, che inevitabilmente si intersecano con la condizione giovanile, per giungere, franca e stringente, alla loro presenza nelle nostre comunità.
« Se guardo alle mie trecentonove parrocchie ha affermato - mi viene da dire che non si trovano numerosi nelle celebrazioni comuni, nelle domeniche tra lanno. Li trovo di più se coinvolti in qualche servizio o se per loro cè unattenzione, ma sono sempre un numero piccolo nel piccolo numero percentuale della gente che viene a Messa o nel numero maggiore, di chi partecipa, a vario titolo, alla vita della comunità cristiana».
Eppure giovani che in chiesa ci vengono ce ne sono, e sono una risorsa preziosa. Madrid è stata unoccasione (e non lultima) per sperimentarlo ancora una volta.
«Una presenza significativa che fa parlare qualcuno di un carisma nuovo, da scoprire, di queste masse di ventenni che hanno fatto limpresa. Sembra dirci che non solo abbiamo ancora qualcosa da dire loro, ma che ci chiedono di ascoltarli e di parlare loro con verità e coerenza, in modo a un insieme intricato di messaggi come è il panorama di oggi».
I giovani, ha concluso il presidente della Commissione per la famiglia e la vita, non sono solo il domani ma anche loggi della Chiesa. Ecco, perciò, perché dobbiamo imparare a relazionarci con loro nella verità, ecco perché dobbiamo diventare «una comunità che prende sul serio le domande e ( speriamo che ce ne siano ancora ) i sogni che i giovani hanno sulla chiesa e sul mondo».