SERVIZIO NAZIONALE PER LA PASTORALE GIOVANILE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Sussidio Avvento: per i giovani

E' Lucia, in questa seconda domenica di Avvento, festa dell'Immacolata, a parlarci nel Sussidio CEI del "tempo giusto per uscire dalla notte dell'egoismo".
5 Dicembre 2013
Mi chiamo Lucia, ho 30 anni e vivo a Rionero in Vulture, un paese della Basilicata di 13.000 abitanti. Le mie giornate si dividono tra il Centro d’Ascolto della Caritas e l’oratorio “Piergiorgio Frassati” della mia parrocchia, dove lavoro da quattro anni.
 
È più facile vivere la fede in un piccolo borgo?
La mia fede è nata all’interno di una comunità molto piccola, non tanto la parrocchia, quanto il quartiere. Ho iniziato a frequentare un gruppo parrocchiale quando avevo 7 anni, insieme agli amici della mia zona. Ogni domenica gli educatori ci accompagnavano tutti insieme alla canonica dove giocavamo, pregavamo e facevamo la formazione secondo i percorsi dell’Azione Cattolica Ragazzi. Andare all’ACR era una cosa naturale: con gli stessi amici con cui si giocava sotto casa, si viveva la fede. Così è stato naturale anche impegnarmi come animatrice crescendo.
 
La piccola comunità aiuta molto: si vivono relazioni autentiche, ci si conosce tutti e ci si vuole bene nonostante le difficoltà che il confronto quotidiano può offrire. Quando sono uscita dal mio paese per l’università – ho studiato a Pisa – ho iniziato a frequentare la parrocchia del quartiere e ho provato nostalgia per tutte queste cose; in quella comunità mi sembrava che la gente quasi non si conoscesse e a me mancava quel senso di appartenenza. Terminati gli studi, sono rientrata a Rionero. Solo allora ho compreso quanto sia importante il confronto con altre realtà.
 
La comunità piccola ti coccola, ti accompagna e ti sostiene nel cammino di fede, ma uscire è fondamentale perché la propria fede cresca, perché non resti la fede fanciulla che si accontenta di vivere sempre allo stesso modo. L’appartenenza che ci deve sostenere è l’appartenenza alla comunità cristiana.
 
Oggi vivo la mia comunità in maniera diversa: sento il bisogno di viverla a pieno e allo stesso tempo di viaggiare, non per scappare ma per conoscere, per avere occhi nuovi. Un’esperienza per me significativa è stata quella di prestare servizio come volontaria di Casa Italia per la GMG di Rio de Janeiro. Oltre al confronto con gli altri volontari provenienti da più parti d’Italia, mi ha colpito molto il modo accogliente di vivere l’amore di Cristo della comunità brasiliana.
 
Il paese può distorcere il tempo dell’Avvento e del Natale?
L’Avvento è un periodo meraviglioso dell’anno, un periodo di attesa di una gioia immensa. Cosa può esserci di più bello dell’attesa di chi si ama? E vivere l’Avvento in una piccola comunità del sud è splendido: il ritorno dei parenti e amici emigrati per studiare o lavorare, le mamme che cucinano di tutto, la famiglia riunita!
 
Questa gioia semplice, però, spesso ci impedisce di provarne una più grande: la gioia condivisa. L’Avvento deve essere un tempo di apertura dello sguardo, il tempo giusto per uscire dalla notte del proprio egoismo. Certo nelle strade del mio paese difficilmente incontrerò un barbone a cui offrire qualcosa, ma quante volte ho fatto finta di non vedere il padre licenziato, la famiglia separata, il ragazzo emarginato!
 
Gesù è nato nella piccolissima Betlemme, in una grotta umile, rifiutato da tutti e chi lo ha rifiutato non credeva certo di sbattere le porte in faccia a Dio. Che io non sia una nuova Betlemme dalle porte chiuse!