Il progetto sono le stelle. Così don Michele inizia a tirare le conclusioni del XIV Convegno nazionale di pastorale giovanile.
Progettare i processi educativi è una questione fondamentale. Altrimenti il rischio è quello di procedere per tentativi e ritrovarsi dove non si vorrebbe o non si sarebbe mai pensato.
Il progettare ha a che fare con il mandato. A volte il mandato non è del tutto chiaro. La famosa pastorale organica intelligente e coraggiosa non si è declinata in modo omogenea. I vescovi sono pieni di mille altri pensieri, ma la pastorale giovanile deve percepire la linea pastorale per poi programmare il cammino.
Noi abbiamo bisogno come chiesa di imparare a star dentro ai nostri territori, di star dentro alla chiesa da fratelli.
In ogni territorio ci sono alcune iniziative che chiamano tutti a incontri centrali, spesso con la presenza del Vescovo. Sono momenti belli, ma non sufficienti. Se infatti si vuole sostenere il cammino di adolescenti e giovani, si dovranno strutturare attività diffuse sul territorio. Questo chiede di rivedere (e in qualche modo di ricontrattare) il mandato dei servizi o uffici diocesani di pastorale giovanile.
In questi giorni abbiamo visto limportanza delle fasce detà (e dunque del rispetto dei tempi), delle tecniche e dei linguaggi (e dunque di abilità che vanno coltivate).
Organizzarsi non è la mania di chi vuol tenere tutto sotto controllo, ma è la condizione perché la cura possa tradursi in azioni concrete.
Lavorare sulla programmazione significa trovare la strada: il metodo è tracciare un percorso che permette di fare dei passi.
Di questo convegno ha detto don Falabretti prima di salutare tutti - noi portiamo a casa il processo, le relazioni, gli sguardi. Ci prendiamo per mano e la fatica la condividiamo con gli altri.