Da Avvenire le sintesi di alcune delle catechesi di giovedì 24 gennaio.
«Aperti ai progetti di Dio»
Ascolto, discernimento, azione: sono le tre direzioni indicate dal vescovo di Sulmona-Valva Michele Fusco ai giovani italiani. Durante la seconda catechesi Fusco ha invitato i ragazzi, divisi tra la diocesi di Arezzo Cortona-Sansepolcro e il Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), a guardare a Maria che ascolta la Parola, discerne e la mette in pratica con il suo Sì. «Maria - ha detto il vescovo - aveva un progetto di vita con Giuseppe fino a quando irrompe la Parola che genera Cristo. Come Maria anche noi abbiamo i nostri progetti. Domandarci come la Parola ci interpella, anche quando ci chiede cose in apparenza difficili o impossibili.
Accogliere la Parola significa generare Gesù». Da qui l' esortazione a «lasciarsi raggiungere dalla Parola. In questa Gmg può essere quella di un amico, del Papa, di una lettura». Tante le domande dei giovani: come riconoscere la chiamata, come essere seguiti e come affrontare la confessione. «Farsi accompagnare da qualcuno che ha già fatto quella strada - secondo Fusco - è fondamentale per aiutare a discernere». (Daniele Rocchi)
«Cercate silenzio e ascolto»
«Don Claudio, perché vale la pena spendere tempo per la Parola di Dio? E poi, perché le omelie sembrano così lontane dalla vita delle persone?». Queste sono solo alcune delle domande emerse ieri durante la catechesi con il vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell' Università Cattolica del Sacro cuore. Nel gruppo, ad ascoltarlo, c' erano ragazzi dall' Umbria, dalla Lombardia e dal Triveneto.
«Vale la pena perché nello tsunami della società mediatica in cui siamo immersi - ha spiegato il presule - non ci sono più spazi per il silenzio e l' ascolto. Gli spazi personali sono indispensabili. Occorre prendersi dei momenti di ritiro. Senza questi momenti non si arriva in profondità. Soprattutto perché non è tanto il testo che è importante, ma lo diventa per come ci può portare all' incontro con Cristo». Decisiva è l' adesione personale. «La Parola - ha aggiunto il vescovo Giuliodori - non garantisce di per sé la fede che è e rimane una sequela a Cristo. Se la Parola non si fa carne, non è Parola. La testimonianza di ciascuno di noi è il modo per renderla viva e presente oggi». (Francesco Zanotti)
«Sconfiggere la mia paura con gli altri»
«Come facciamo ad essere credenti credibili?». «Spesso la Parola per noi ha un linguaggio difficile. Che cosa ci consiglia per avvicinarci ad essa?» «Come possiamo vivere il Vangelo?». Le domande si susseguono rapide. Infine arriva quella più spiazzante: «Lei ha mai avuto paura?»: Monsignor Angelo Spina non si scompone. Anzi, l' arcivescovo di Ancona-Osino è perfettamente a suo agio con il centinaio di pellegrini con cui ieri ha dialogato in un salone della parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe di Panama. Parte, dunque, dall' ultimo interrogativo. E per rispondere non impiega le parole. Prende la pesante sedia di vetro su cui era adagiato e la mette al centro della stanza. «Vieni tu», dice a una ragazza smilza. «Sollevala con un dito! Non ci riesci? Allora vieni tu e tu», aggiunge invitando una dopo l' altra un gruppetto di sette giovani, fra le più magre.
Grazie alle loro dita - una per ciascuna - la sedia si solleva. «Ecco, io ho spesso paura. E ogni volta la vinco insieme agli altri - ha concluso l' arcivescovo Spina -. Solo con il dialogo e l' incontro si può essere testimoni credenti, credibili e, soprattutto, creduti». (Lucia Capuzzi)
«Non temete di trovarvi una guida»
Anche nel cammino che porta al cuore della Parola di Dio i giovani chiedono ai sacerdoti di farsi compagni, per riuscire a risolvere quel delicato equilibrio tra la propria libertà personale e il messaggio che Dio rivolge a ognuno di loro. La richiesta è emersa chiaramente ieri durante la seconda catechesi nel gruppo composto da giovani del Triveneto, della Toscana e dell' Abruzzo-Molise, guidati nella riflessione da don Nicola Ban, sacerdote incaricato regionale del Triveneto per la Pastorale giovanile. «La storia dell' incontro tra Maria ed Elisabetta - ha detto ai ragazzi don Ban - è la nostra storia: tante volte abbiamo incontrato Dio nello sguardo di qualcuno che ci è vicino ». Poi la sfida: «Nella Parola Dio si fa vicino, ma quali difficoltà troviamo nell' accostarci a essa?». «Il primo ostacolo è quello dell' interpretazione », rispondono i giovani; poi c' è «la necessità di avere nei preti e negli educatori guide sicure in questo percorso». «Nostro compito è accompagnarvi - ha detto il sacerdote - non abbiate paura di rivolgervi a noi per trovare compagni di viaggio». (Matteo Liut)
«La Bibbia al centro della stanza»
La Bibbia al centro della stanza. Per documentare anche fisicamente la centralità della Parola. Per riandare alle radici della fede. Per richiamare le fondamenta della comunità. Nell' aula della parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe i ragazzi, guidati da don Michele Gianola neo direttore dell' Ufficio nazionale per le vocazioni, si raccolgono attorno al vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol.
I giovani vengono dalle Marche, dal Triveneto, alcuni anche dall' Albania e hanno raggiunto Panama dopo un viaggio difficile.
Il lavoro in piccoli gruppi suscita come sempre dubbi, domande, provocazioni. La sana inquietudine dei giovani chiede risposte importanti al bisogno di interpretare correttamente la Parola, sottolinea la difficoltà di applicarla, confessa il timore che solleciti scelte che non piacciono.
E Pizziol non si tira indietro di fronte al pressing dei ragazzi.
Nella sua risposta ricorda come la Parola, per così dire, non sia solitaria ma vada letta e interpretata insieme, chieda testimoni. E nella dimensione della fede debba essere incarnata.
Diventare vita vissuta. (Riccardo Maccioni)
«In 5 passi dalla Parola alla realtà»
«Nella Parola di Dio occorre imparare a scavare, per entraci dentro». È la ricetta dell' arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, alla seconda catechesi con un folto gruppo di ragazzi italiani. Nei locali della parrocchia di Nuestra Senora de Guadalupe, ieri mattina c' erano giovani dalle diocesi lucane, lombarde, delle Marche, dalla Svizzera italiana e da Cerveteri (Roma).
Il presule ha indicato una percorso in cinque tappe, seguendo il brano che narra la visita di Maria a Elisabetta. «Primo: la Parola di Dio - ha spiegato il presule - chiama sempre per nome. Dio ci conosce, ci interpella e ci scombussola la vita.
Secondo: ogni Parola contiene una missione, una partenza in fretta. Terzo: la chiamata contiene sempre il servizio. Non esiste vocazione cristiana che non sia servizio. Quarto: il servizio - ha proseguito l' arcivescovo di Cagliari - si coniuga con la gioia dello Spirito santo. Quinto: siamo chiamati e mandati a un mondo vecchio, muto e incredulo».
Poi l' invito finale dell' arcivescovo alla generazione di Panama 2019: l' impegno di porsi in «ascolto a Dio e alla realtà in cui siamo inseriti». (Francesco Zanotti)
«Fate come il Buon Samaritano»
Se ti fidi sarai felice. Questo in sintesi il messaggio lasciato al centinaio di giovani che ieri mattina si sono confrontati con il vescovo di Alba Marco Brunetti, durante la seconda catechesi. Al dialogo erano presenti ragazzi delle Marche, dell' Emilia Romagna e della diocesi di Campobasso-Bojano. «Esiste una sensibilità personale, oppure si può attingere dall' esperienza della Chiesa?», è stato chiesto al presule riguardo ad alcune discriminazioni. «La Chiesa ci insegna con la parabola del Buon Samaritano - ha detto Brunetti - la consolazione e la gioia. Non si possono mai lasciare le persone sole». Incalzato dalle domande, il vescovo ha raccontato della sua vocazione. Un atteggiamento molto apprezzato dai ragazzi che lo hanno ringraziato per essersi messo accanto a loro, sulla strada del mondo. «Il Signore ti manda segni, ti parla, ma poi tocca a te metterti in ascolto - ha sottolineato monsignor Brunetti - e se ti fidi Lui rimane fedele. E la sua è una promessa di felicità». (Francesco Zanotti)