A partire dai dati emersi e presentati nel testo “Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità” mi sono chiesto cosa questi dati dicono e possono dire a chi fa pastorale giovanile. Cioè, cosa questi dati dicono e possono dire a chi nella chiesa è chiamato a camminare al fianco, davanti e dietro delle nuove generazioni.
Sentinelle del mattino
Giovanni Paolo II durante la veglia di preghiera a Tor Vergata, nel Giubileo del 2000 ai giovani disse:
Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. […] Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.
Vedo in voi le “sentinelle del mattino”. Oggi forse chi fa pastorale giovanile, chi cammina al fianco dei giovani, può sperimentare proprio questa bellezza: essere sentinella del mattino insieme con i giovani, sentinelle del mattino. I dati ci dicono che c’è una novità in corso, c’è un cambiamento, c’è un nuovo desiderio di autenticità e di coerenza, è in atto la ricerca di una nuova sintesi antropologica. Come scritto nelle conclusioni del testo, ma in particolare mi permetto per chi fa pastorale giovanile, non si tratta di assumere tutto quello che i giovani stanno dicendo o chiedendo, ma di accogliere ciò che di autentico c’è nelle loro posizioni. Chi fa pastorale giovanile è o può essere una sentinella accogliente al fianco delle “sentinelle del mattino” che ci danno consapevolezza di quel cristianesimo che “non esiste ancora”. Diventa anche per noi un’opportunità: vedere e vivere questo tempo non solo come un tempo segnato da fatiche e incertezze, ma come un tempo di salvezza e di incontro.
Siate sempre pronti a rendere conto della vostra fede
Leggendo il testo ho sentito risuonare più volte in me le parole dell’apostolo Pietro che scrisse: “Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo una buona coscienza” […] (1 Pt 3,15-16). Siate sempre pronti a rendere conto della vostra fede. Tra le “cose da fare” (ma chiaramente questa non può essere semplicemente una cosa da fare, ma anzitutto un’esperienza da vivere e poi raccontare) c’è la nostra capacità di rendere ragione della nostra fede. Torna più volte dai dati raccolti questo desiderio dei giovani di incontrare persone, proposte, percorsi che siano capaci di sostenere la ragionevolezza del credere. L’abbandono o l’allontanamento, il distacco dalla Chiesa e una certa sofferenza che i giovani intervistati hanno raccontato è perché fanno fatica a trovare chi sta al loro fianco senza la pretesa di voler insegnare. Hanno fatto fatica a trovare qualcuno che stia al loro fianco col desiderio di raccontare e condividere la bellezza della fede. Già Paolo VI in un discorso tenuto durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici del 1974 disse: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». I giovani di oggi sono eco della voce dell’uomo contemporaneo annunciato da Paolo VI. Questi dati ci interpellano, chiedono a chi fa pastorale giovanile (educatori, professori, animatori, allenatori ecc.) di essere testimoni, di fare esperienza di Dio, di non aver paura di raccontare questa esperienza.
Inoltre, oggi i giovani intervistati ci propongono un’ulteriore sfida, ci chiedono di essere pronti non solo a rendere ragione della nostra fede, ma anche a rendere ragione della nostra vita, delle nostre scelte, di come la fede interpella la vita dell’adulto, la plasma, la orienta. Per questa trasmissione della fede e della vita è necessaria quella postura che già Dio chiese al popolo di Israele quando in Deuteronomio disse: “Ascolta, Israele”. È l’ascolto attento, coinvolto ed empatico che ci permette di generare un dialogo autentico ed intergenerazionale. Lì dove la chiesa appare soprattutto vecchia, lenta, noiosa, lontana, impermeabile alle domande esistenziali (quali la morte, il male, il futuro, Dio), perché non prende posizione o perché le sue posizioni vengono sentite come astratte. A noi viene chiesto di stare pronti, di esserci, di non aver paura, ma anzi di approfondire, studiare e sperimentare (come direbbe la prof Bignardi) provando a proporre percorsi ed esperienze di appartenenza e non di dipendenza. Cioè, provando a proporre percorsi in cui i giovani possano fare esperienza di chi sono e in quella esperienza possano anche intravvedere chi possono essere e diventare. È l’esperienza di chi facendo pastorale giovanile mette al centro le relazioni, vede e sente gli appelli del mondo giovanile, crea con i giovani e per i giovani una rete di relazioni, una comunità educante.
La pastorale giovanile a servizio dell’unità.
Da una parte l’azione di chi si prende cura dei giovani è per la formazione di un cuore maturo e libero, perché il giovane non si senta diviso, frastornato, confuso con sé stesso; perché il giovane possa incontrare e unirsi con Dio che è fonte di unità. Dall’altra la pastorale giovanile è a servizio dell’unità perché può portare la voce dei giovani, le loro gioie e fatiche, paure e speranze dentro la vita della Chiesa. È la stessa consapevolezza che vediamo espressa al numero 105 e 106 di Evangelii Gaudium di papa Francesco. In particolare, al numero 106 quando il papa scrive:
Anche se non sempre è facile accostare i giovani, si sono fatti progressi in due ambiti: la consapevolezza che tutta la comunità li evangelizza e li educa, e l’urgenza che essi abbiano un maggiore protagonismo.
La pastorale giovanile diventa così un servizio preziosissimo per la Chiesa e per le chiese locali non solo perché sta al fianco dei giovani, ma perché può far si che i giovani possano avere voce e con la loro voce la Chiesa possa rinnovarsi ed essere ancora capace di rispondere alla sua vocazione:
Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito. (Gaudium et spes, n. 3)
Gratitudine
Abbiamo un lungo cammino davanti, ma siamo già nella terra promessa, non è un camminare invano. Il cammino stesso è un approdo. La strada è il luogo dell’incontro con Cristo risorto e della sua Epifania (Lc 24, 13-49). Potrà sembrare ed essere a tratti un cammino lungo e faticoso segnato da paure e fughe, ma la bellezza di questo cammino è che già ora è fatto da un popolo: da numerosi preti e religiosi, parrocchie e oratori, movimenti e associazioni, professori, ricercatori, educatori, adulti e giovani che appassionati investono le loro energie migliori, il loro tempo e il loro genio a servizio delle nuove generazioni e della Chiesa.
Don Riccardo Pincerato