Si è svolta in CEI una giornata di riflessione e dialogo per provare a ragionare sui giovani e la Chiesa in Europa e rispondere a un’indagine promossa dalla Commissione Giovani del Consiglio delle Conferenze Episcopali Italiane.
Un incontro condiviso fra tre uffici della CEI e i propri esperti: pastorale giovanile, pastorale delle vocazioni, ufficio per l’educazione, la scuola e l’università.
Tre le domande proposte dal CCEE su cui riflettere:
1.quali proposte e scelte innovative per rilanciare l’evangelizzazione del mondo giovanile?
2.quali contesti, quali linguaggi, quali luoghi vengono proposti per valorizzare i giovani nella vita della Chiesa?
3.chi e in che modo si prende cura della formazione dei giovani all’interno della comunità ecclesiale?
La riflessione è subito partita mettendo in discussione la forma perché il sinodo – come ha sottolineato don Rossano Sala - ha portato ad una conversione della domanda passando da “cosa stiamo facendo per i giovani?” a “chi siamo chiamati ad essere per i giovani?”.
Difficile non chiedersi “cosa i giovani portano alla Chiesa?”, visto che la Chiesa si può rigenerare solo attraverso le nuove generazioni.
“C’è la preoccupazione di mettere i giovani dentro una scatola e osservarli – ha detto don Giordano Goccini -, mentre sono loro la nuova scatola del Vangelo. Dovremmo chiederci come stanno vivendo i ragazzi l’esperienza della fede. Ai loro non interessa la verità della fede perchè credono solo quello che sentono e dunque anche i luoghi e i tempi della fede cambiano, nel senso che non sono più solo la chiesa o la messa ma anche la strada, l’università e ogni luogo in cui possono incontrare Dio”.
La prima domanda del CCEE parla di scelte innovative, ma forse la strada da seguire non è quella dell’innovazione visto che ce n’è già troppa – commenta Stefano Della Ceca. “La dimensione tecnologica – aggiunge don Michele Gianola - ci sta togliendo la dimensione della carne, del corpo.
E proprio sul corpo si sono focalizzati alcuni interventi perché il corpo è la prima cosa che vediamo dei giovani, la parte più esterna, il limite fisico che spesso ignoriamo per concentrarci sulla dimensione spirituale. Eppure, “sono aumentate le malattie psicosomatiche e la dimensione dell’amore in ogni caso passa per un corpo ferito”,ha rilevato Matteo Pasqual.
Anche Maria Pia Colella ha raccontato l’importanza del corpo come luogo di incontro e spazio da conoscere e abitare, ma ha sottolineato come il comportamento dei giovani sia definito molto dall’identità che vuole sopravvivere e che viene difesa più del corpo (pensiamo al suicidio).
Un altro punto su cui si è molto discusso è stato l'importanza del linguaggio: “si fa fatica a incontrare i giovani – come ha dichiarato Padre Renato Debbono - perché non riusciamo a parlare con loro, facciamo prediche e non riusciamo a farli innamorare della Parola”.
“Le parole sono importanti, sono incudini che spaccano dentro – ha continuato Pasqual. E anche noi abbiamo bisogno di trovare parole buone e corrette che diano senso e dignità”.
Un incontro denso di riflessione e scambio senza preconcetti insomma, quello avvenuto ieri, che fa ben sperare in una collaborazione sempre più importante tra gli uffici che si occupano di giovani.
I partecipanti:
Ernesto Diaco, Don Riccardo Pincerato, Don Michele Gianola, Don Giacomo Pompei, Sr Armanda Parente, Maria Pia Colella, Elena Rocchi, Don Giordano Goccini, Matteo Pasqual, Stefano Della Ceca, Suor Sara Bortolato, Don Luca Chirizzi, Don Rossano Sala, Padre Renato Delbono