Un sano bagno di realtà, con il coraggio di sapersi immergere per “purificarsi” e ricominciare: è questo l’auspicio che ha aperto il XVI Convegno nazionale di pastorale giovanile, in programma a Terrasini (Palermo) dal 29 aprile al 2 maggio. “Dare casa al futuro. Le parole coraggiose del Sinodo dei giovani” è il tema a guidare la riflessione.
Un appuntamento quasi “da record”, quello siciliano, con la presenza di 800 persone da tutta Italia: un numero, ha sottolineato in apertura don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, che esprime “la volontà di ritrovarsi, di condividere e trovare insieme nuove strade, nuove soluzioni”.
Il Convegno ha sottolineato Falabretti arriva in un momento particolare, al termine di un lungo periodo di semina, con il decennio dedicato dai vescovi italiani al tema dell’educazione. E pochi mesi dopo il Sinodo che in qualche modo ha ripreso tutto questo cammino e l’ha rilanciato in una chiave nuova. Oggi, ha proseguito il sacerdote, è di certo “mutato il quadro, è cambiata la situazione, ma non sono mutate le istanze per la pastorale giovanile, con la necessità di comunicare qualcosa a coloro che vengono al mondo aiutandoli a trovare la propria strada. Ma il mutamento non è colpa di nessuno – ha chiosato don Falabretti – e per noi, in fondo, si tratta di imparare ad abitare questo tempo nuovo”. L’unica cosa che non deve mancare è “la passione, la stessa passione che Dio coltiva nel proprio cuore per l’uomo”.
Don Rossano Sala, salesiano, segretario speciale del Sinodo dei giovani, ha poi tenuto la meditazione iniziale, soffermandosi sull’icona evangelica di Emmaus, scelta dai padri sinodali “per esprimere quello che oggi ci aspetta dalla Chiesa del terzo millennio anche in ciò che c’è da fare per camminare assieme alle nuove generazioni”.
Il Convegno di Terrasini, ha auspicato Sala, “diventi un “piccolo sinodo”, caratterizzato dalle tre tappe che hanno segnato i lavori sinodali: riconoscere con realismo, interpretare con fede, scegliere con coraggio”. In Sicilia, ha auspicato il salesiano, i responsabili di pastorale giovanile dovrebbero fare tre bagni: un bagno di realtà (mettendosi in una disposizione di ascolto empatico e di attenzione ospitale, aiutati anche dalla voce di Silvano Petrosino, filosofo e docente universitario), un bagno di spiritualità (che sarà favorito dalla presenza e dalle parole di frère Alois, priore della comunità di Taizé), un bagno di concretezza (con il dibattito tra il pastoralista don Salvatore Currò e don Giuliano Zanchi, segretario generale della Fondazione Bernareggi, che porteranno i presenti nel cuore della vita della Chiesa italiana).
L’obiettivo, ha chiesto don Sala, è quello di mettersi in gioco con coraggio, come ha fatto don Pino Puglisi. Si tratta di saper discernere i percorsi pastorali più adeguati, attraverso tre strumenti: l’ascolto (che significa capacità di lasciarsi cambiare da ciò che si ascolta), l’annuncio (che richiede il coraggio di dire la verità ai giovani) e l’accompagnamento (che richiede di sapersi “nascondere” e di lasciare alla libertà personale lo spazio per l’azione e le scelte, sull’esempio di quanto Gesù fa ad Emmaus). Il tutto, ha notato don Sala, ricordandosi che “l’autorità, anche quella che abbiamo in diocesi, non è un potere direttivo ma una forza generativa”.
Molti gli applausi durante l’intervento del filosofo Silvano Petrosino, docente all’Università Cattolica, che ha messo in campo alcune provocazioni utili non solo alla pastorale giovanile ma a ogni aspetto della vita della Chiesa. Partendo dall’analisi del tempo di oggi, tempo in cui “tutti parlano di tutto”, Petrosino ha chiesto ai presenti: “Ma noi, in un mondo così, un mono c’è gente che dice che lui non conosce la sconfitta, che i limiti non esistono e che la difesa è sempre legittima (ignorando tremila anni di riflessione su questi temi), cosa abbiamo da dire?”. Ebbene, ha notato il professore, noi non dobbiamo dire altro che “c’è dell’altro”, che non è vero che “tutto è intorno a te”.
Oggi invece, ha notato Petrosino, “con questa fissa dell’eccellenza, con l’idolatria della professione, stanno distruggendo i nostri giovani”. L’uomo, invece, “è un essere spirituale perché fa esperienza che c’è dell’altro. Ma poi noi dobbiamo dire un’altra cosa: che questo altro è bene”. È quel “bene” che è l’unico progetto di Dio per l’uomo, proprio come un padre “che per i figli desidera solo la felicità ma non sa nemmeno lui che forma avrà per loro la felicità”. Perché “il bene del figlio essendo del figlio non può costituirsi senza la risposta del figlio”: ed ecco il senso vero della vocazione, secondo Petrosino, cioè una risposta che “non riflette semplicemente la luce di Dio ma la rifrange”.
La giornata si è conclusa con la Messa presieduta dall'arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, che nell'omelia si è soffermato sulla figura di santa Caterina da Siena, copatrona d'Italia e d'Europa. Una donna "che ebbe il coraggio di vivere fuori dagli schemi, cambiando il mondo grazie al profondo rapporto con Gesù".
Matteo Liut @Avvenire